Oswaldo Montenegro
Che la forza della mia paura non mi impedisca di vedere ciò che bramo.
Che la morte di tutto ciò in cui credo non mi tappi le orecchie e la bocca.
Perché metà di me è ciò che grido, ma l’altra metà è il silenzio.
Che la musica che odo da lontano sia bella, anche se triste.
Che la donna che amo sia sempre amata, anche se distante.
Perché metà di me è partenza e l’altra metà è nostalgia.
Che le parole che dico non siano ascoltate come una preghiera e nemmeno ripetute con fervore,
Ma appena rispettate come l’unica cosa rimasta ad un uomo inondato di sentimento.
Perché metà di me è ciò che ascolto, ma l’altra metà è ciò che taccio.
Che quella voglia di andarmene si trasformi nella calma e nella pace che merito,
Che quella tensione che mi corrode dentro sia un giorno ricompensata.
Perché metà di me è ciò che penso e l’altra metà è un vulcano.
Che quella paura della solitudine si allontani,
Che la convivenza con me stesso diventi almeno sopportabile
Che il mio specchio rifletta il mio viso o il dolce sorriso che ricordo di aver dato nell’infanzia
Perché metà di me è il ricordo di quello che son stato, l’altra metà non lo so…
Che non sia più di una semplice allegria a farmi calmare lo spirito.
E che il tuo silenzio mi parli ogni volta di più.
Perché metà di me è grembo, ma l’altra metà è stanchezza.
Che l’arte ci indichi una risposta, anche a sua insaputa,
e che nessuno tenti complicarla perché è necessaria semplicità per farla fiorire.
Perché metà di me è la platea e l’altra metà, la canzone.
E che la mia follia sia perdonata.
Perché metà di me è amore e l’altra metà… anche
Oswaldo Montenegno
traduzione dal portoghese di Diana Paiva Cruz
Questo articolo è stato pubblicato il venerdì, 1 gennaio 2010 alle 20:35 e classificato in Poesie. È possibile seguire tutte le repliche a questo articolo tramite il feed RSS 2.0. I commenti sono attualmente chiusi, ma puoi fare il trackback dal tuo sito.